
Sembra ieri, ma è trascorso già un anno da quando è stata scatenata l’invasione dell’Ucraina. Un momento buio, al quale l’Europa ha reagito sostenendo il Paese aggredito, accogliendo i profughi delle sue terre invase e partecipando agli aiuti militari ed umanitari a favore del suo popolo devastato.
Da lontano, ho osservato e sofferto questa guerra, durante la quale, fatalmente, ho vissuto anche un’altra mia guerra personale, dovendo assistere quotidianamente mia moglie, che, proprio nel febbraio 2022, abbiamo scoperto fosse ammalata gravemente.
Per combattere questo “male”, ci siamo recati innumerevoli volte al Policlinico Gemelli di Roma, dove ho imparato ad orientarmi nei suoi labirintici corridoi, ho conosciuto le procedure di accesso ai Reparti e agli Studi medici. Ho atteso per tante ore, mentre lei combatteva con pazienza e speranza la sua battaglia, al confronto della quale, la mia è stata ed è ben poca cosa. Però, questo mio “fare”, donato con amore e dedizione completa, non ha mai registrato un attimo di cedimento: mi è sembrato assolutamente naturale. Mentre eseguivamo i nostri “pellegrinaggi”, sono cambiate le stagioni: è finito l’inverno, quindi, è giunta la primavera. Dopo il Covid, che certamente abbiamo contratto in ospedale, frequentando tante persone, è giunto il caldo torrido dell’estate. Continuando le cure, è giunto l’autunno e poi, di nuovo, l’inverno che dura ancora. Penso che quanto abbiamo attraversato non sia avvenuto solo per noi due, ma l’ho letto anche sui mille volti degli ammalati e dei loro accompagnatori che lì ho incontrato. Un’espressione ben riconoscibile fra persone che lottano per loro vita e il loro destino, recando sul viso il segno della sofferenza e, forse, in fondo al cuore, della speranza di poter guarire. Un mondo di malati, al di là del “vetro” dei Reparti, e di accompagnatori, tutti in attesa, nella condivisione della battaglia che si sta svolgendo. Tutti, forse, dubbiosi che la scienza medica, benché abbia fatto e faccia molto in questo campo, tuttavia, non abbia ancora trovato una soluzione sicuramente vincente contro queste battaglie personali. C’è ancora molto da progredire. Ancora, spesso, le battaglie sono invasive, demolitive, dato che la scienza non conosce ancora le metodologie per curare il “male” in sé, ma lo distrugge, assieme agli organi sui quali è attecchito. Ma, non sempre gli organi sono “duplicati” o la persona può fare a meno di essi.
Durante le lunghe attese, mentre le praticavano le cure di radio e chemioterapia, mia moglie era seduta su una della decina di poltrone disponibili, ciascuno delle quali, per una sorta di augurio positivo, porta il nome di un fiore. Lì, ha conosciuto e conversato con il/la vicina di “terapia”. Nella circostanza, si sono verificate “piccole coincidenze” che, vissute da persona fragile, che in quel momento sente la propria vita appesa ad un filo, ha voluto ritenere fatti soprannaturali. E per l’appunto: FILO (Filomena) la defunta madre di mia moglie, che ha avuto due figlie, Maria Begonia e Maite (mia moglie), soleva dire che le figlie erano due fiori, la prima, una ROSA, la seconda, un CLAVEL (garofano). Ebbene, la poltrona assegnata a Maite per la prima volta, aveva il nome GAROFANO. Abbiamo voluto pensare e riconoscere in ciò un segno di incoraggiamento a proseguire la battaglia, per vincerla.
In queste attese, dentro i Reparti e nelle sale di Accoglienza, abbiamo conosciuto tante persone, accomunate a noi dalla stessa battaglia da vincere, provenienti da tante regioni d’Italia. Il motivo? Le malattie da curare possono essere curate efficacemente solo negli ospedali più evoluti del nostro Paese. Per me, per noi, ciò è significato effettuare 50 km al giorno, da casa nostra fino all’ospedale, comunque stancanti. Ma, per chi giunge da un’altra regione, da città e cittadine lontane (ad esempio, Altomonte, in Calabria …), la battaglia per la salvezza, nella sistematica impossibilità di sostenere i costi dell’alloggio a Roma, richiede la possibilità di poter alloggiare gratuitamente, o quasi, in prossimità del luogo di cura, da frequentare quotidianamente. E, talvolta per mesi e per anni! Da ciò, il “senso di solidarietà ed umanità” ha visto il nascere di residenze, “Case Famiglia”, organizzate per poter ospitare i malati in cura e il loro eventuale accompagnatore.
A settembre 2022, mi è stata accertata la necessità urgente di essere sottoposto ad un intervento chirurgico importante, un’altra battaglia da combattere. Ho scelto di aspettare un po’, per non far venire meno il mio impegno verso mia moglie, in attesa che si creassero condizioni più permissive per una mia “assenza”. Nei primi giorni di febbraio, i segnali di “alert” per il male che incombeva su di me sono diventati più pressanti. Con determinazione e prontezza, verso la metà di febbraio 2023, sono stato ricoverato al Policlinico Gemelli, dove, sempre per i miracoli del destino, mi è stato assegnato lo stesso Reparto, stanza e LETTO, dove, agli inizi di settembre del 2022, da me assistita, era stata ricoverata mia moglie Maite.
È andato tutto bene.
Proprio per questi antefatti, ieri, interrompendo faticosamente la convalescenza che ha seguito la mia battaglia, per la prima volta dopo un po’ di tempo, ho voluto partecipare alla visita che il Rotary Club Roma EUR ha deciso di effettuare alla sede romana di Casa Amica, una Onlus che si occupa di dare sostegno ai malati e ai loro familiari, spesso oncologici, ma non solo, che ha sede in località Trigoria, a Roma.
Ho potuto conoscere un altro aspetto toccante delle battaglie che si combattono contro la malattia, quello relativo alle pause, anche quelle necessarie, che seguono gli “scontri”, per così dire, che si combattono quotidianamente negli ospedali, nell’effettuare le terapie mediche. Ad ogni famiglia viene assegnata una stanza. Ci sono luoghi comuni dove incontrarsi, dove cucinare. Ci sono spazi dove riporre la spesa, luoghi di incontro, per conversare. Ci si preoccupa, per quanto possibile, dell’accompagno degli ospiti fino all’ospedale e ritorno. Ci si preoccupa dell’aspetto psicofisico di queste persone.
Ci sono tanti ammalati ed accompagnatori, che hanno dovuto lasciare le loro case lontane, affidando i figli a persone di fiducia. Persone che non possono permettersi il costo del pagamento di un hotel posto nelle vicinanze degli ospedali. Persone dignitose, accolte molto dignitosamente da organizzazioni umanitarie: Casa Amica, nel caso specifico, è una Onlus che fa il possibile per alleviare il loro disagio. Queste organizzazioni si avvalgono del sostegno di benefattori e di quanto lo Stato, le Regioni e i Comuni possono loro devolvere, legalmente.
La visita del Rotary Club Roma EUR si è svolta il 23 febbraio 2023, a 118 anni dalla nascita del Rotary, data prescelta quale ricorrenza del “Rotary Day Solidale”, del Rotary che si occupa positivamente del “prossimo”, in concreto e con il “service”.
Per l’iniziativa del Presidente del Club, Giuseppe Cirillo, del Presidente della Commissione Progetti, Antonino Laudani, della Presidente della Commissione Rotary Foundation, Manuela Loddo, e della Presidente della Commissione Comunicazione, Lucietta Iorio, si è svolto questo incontro molto apprezzato anche dagli altri soci partecipanti.
Avendoli acquistati con il contributo di tanti soci, abbiamo portato alimenti pronti da cucinare in loco.
Abbiamo pranzato tutti insieme. Abbiamo familiarizzato. Ci siamo scambiati le nostre esperienze.
È stata un’esperienza formativa e gratificante, che meritava di essere fatta.
E, certamente, il nostro Club non mancherà, in futuro, di incontrarli e aiutarli ancora.
Alfredo D’Amato