
Nella serata del 3 giugno 2021, alle ore 19,30, i Soci del Rotary Club Roma EUR si sono “incontrati” in modalità Zoom.
Atteso protagonista, della serata è stato
Sua Maestà il “Diavolillo” Calabrese
Dopo l’apertura dell’incontro e la presentazione dei presenti, effettuata dall’ing. Giorgio Carretti, presidente del Club,
il moderatore, dott. Giuseppe Cirillo, vicepresidente, ha introdotto il prof. Enzo Monaco, presidente dell’Accademia Italiana del Peperoncino.
Era evidente la curiosità dei soci, per l’aspettativa delle informazioni e delle curiosità che pensavano sarebbero emerse dalla sua relazione. Infatti, tutti davano per scontata la convinzione che il peperoncino sia un ingrediente usato abitualmente nella cucina italiana, e non solo, per insaporire i cibi. Ma, nello stesso tempo ritenevano che potesse avere un uso e un ruolo limitato a piccoli conferimenti nelle pietanze.
Messa in questi termini, il compito del prof. Monaco, che si proponeva di mostrare e dimostrare per esso un ruolo ben diverso, appariva arduo, ma egli non si è sottratto a questa sfida, anzi, l’ha affrontata, sicuro di poterci introdurre tutti ad una nuova realtà conoscitiva.
Per prima cosa, è stata creata una atmosfera, con l’intervento, con musica e immagini, del noto attore Gianni Pellegrino, che, per l’occasione, ha indossato un abito dall’aspetto/sapore un po’ “tribale”, impreziosito da “ricami” di peperoncini.
Egli stesso, ha poi recitato una poesia ritmata sul “… chi vuol essere lieto sia …” (dal “Trionfo di Bacco ed Arianna”), i cui versi erano riferiti all’uso del peperoncino.
Quindi, il prof. Monaco, con calma e pacatezza ha parlato delle origini storiche del peperoncino, dalla sua provenienza dalle Americhe, ai tempi di Cristoforo Colombo, fino alla sua diffusione in Europa. Ha rilevato che tale diffusione, partita dai paesi dell’America centro meridionale, ha raggiunto alcuni Paesi dell’area mediterranea, e segnatamente l’Italia, principalmente del sud. Ha raggiunto, inoltre, la Thailandia e suscita un sensibile attuale interesse in Cina.
Il peperoncino è usato, come tale, o essiccato e ridotto in frammenti o in polvere, in aggiunta al cibo. Non è una spezia, quale il pepe, la noce moscata o la cannella, oppure una pianta aromatica, quale il basilico, la salvia o la menta, tutte destinate a profumarlo. Non è adatto a conservare il cibo, come può essere fatto usando l’olio o il sale, ma … aiuta.
Il peperoncino è una “bacca” del genere “capsicum”, che si presenta con colori e forme le più diverse, seppure spesso affusolate, dove il picciolo con i semi è rivestito da una capsula polposa, di solito piuttosto oblunga.
La sua assunzione trasmette al gusto la “piccantezza”, per la presenza della capsicina e della diidrocapsaicina, alcaloidi. Queste sostanze favoriscono, nel corpo umano, il rilascio delle endorfine, con effetti antidolorifici e stimolatori del metabolismo.
Al contatto con la lingua ed il palato, attraverso i recettori umani o animali, fa provare una sensazione “mista”, compresa fra il gusto ed il bruciore.
Non tutti gli umani hanno tali recettori o, comunque, li hanno in quantità variabile. Quelli che ne hanno di meno possono gustarlo più impunemente.
Gli uccelli ne sono del tutto sprovvisti. Per questo motivo hanno potuto cibarsene per poi disperdere i semi nei luoghi più disparati, favorendone la diffusione.
Gli elefanti sono particolarmente sensibili all’effetto di questa pianta, la cui presenza rilevano con l’olfatto, al punto che i coltivatori di mais in Africa l’hanno utilizzata come barriera di protezione per le loro piantagioni, più efficace delle barriere elettriche.
Gli umani fanno bene ad evitare di portare al suo contatto gli occhi e le parti del corpo non protette dalla pelle.
Il peperoncino si adatta ad essere usato preferibilmente con le carni grasse, che ne stemperano l’”ardore pungente” e consentono meglio di apprezzare il suo gusto di sottofondo. E’ spesso usato assieme agli insaccati, appunto ricchi di grasso.
Il peperoncino è parte fondamentale nella produzione della “nduja”, che trova la sua più alta espressione in quella che viene preparata a Spilinga, un piccolo comune facente parte della provincia di Vibo Valentia.
L’Accademia italiana del peperoncino ha sede a Diamante, una ridente cittadina della parte nord della Calabria, sulle rive del mar Tirreno, nella quale è particolarmente fiorente la coltivazione dei peperoncini, molti dei quali destinati all’esportazione.
Ci si arriva lasciando l’autostrada a Lagonegro, per scendere lungo la valle del Noce fino ad arrivare, finalmente, sulla costa e l’azzurro del mare. Si procede verso sud, in un continuo di spiagge, spazi rubati alle colline che salgono verso le alture comprese tra il Pollino e la Sila.
Un posto dove l’ambiente si colora di verde e l’aria profuma di terra. Ed è qui, dopo un po’ di chilometri, e dopo aver attraversato Scalea, a me cara, si trova Diamante.
Non ho mai avuto l’occasione di vederli, ma immagino le vaste distese coltivate per la produzione dei peperoncini, una realtà, importata nel medio evo, ma che, così bene è attecchita in Calabria, una terra antica, colonizzata dai greci, già prima che Roma fosse fondata, che hanno portato e/o coltivato tante piante, quali l’ulivo e la vite.
Una terra generosa, dalle vaste distese di agrumeti. Fra questi, verdi, immagino il rosso ed il giallo del peperoncino.
Un grazie al Prof. Monaco per la brillante esposizione e al nostro amico dott. Giuseppe Cirillo, che ha propiziato la sua partecipazione.
Alfredo D’Amato