
Le strutture CASA-FAMIGLIA sono state introdotte in Italia negli anni sessanta, destinate all’accoglienza di persone di tutte le età, affette da problematiche psicosociali.
In precedenza, le persone bisognose di aiuto vivevano confinate in Istituti ed ogni intervento era finalizzato alla cura delle patologie, mentre, con la nascita delle case-famiglia, l’attenzione si è spostata sulla “globalità della persona” e sull’obiettivo di favorire l’inserimento nella vita sociale, svolgendo una normale vita di relazione, di minorenni e malati.
Nella giornata di sabato 8 Giugno 2019, il R.C. Roma EUR ha visitato la casa famiglia Associazione ONLUS “Chiara e Francesco”, presso Torvaianica (Pomezia).
La Casa-famiglia Chiara e Francesco si occupa dell’accoglienza di minori, vittime di abusi sessuali e maltrattamenti, «per interventi socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia», con autorizzazione del Tribunale di Roma, concessa in base al Decreto del Ministro per la Solidarietà Sociale n. 308, del 21 maggio 2001.
La struttura, che, in osservanza della Legge, si presenta come una comune abitazione familiare e che ospita un numero limitato di ragazzi, per garantire che i rapporti interpersonali siano riconducibili ad una famiglia, era stata messa a disposizione dalla Provincia di Roma al Comune di Torvaianica e, successivamente, con l’utilizzo di diverse sovvenzioni e/o beneficenze, è stata, nel tempo, oggetto di interventi di ammodernamento e risistemazione.
La normativa vigente prevede che, al raggiungimento dei 21 anni, i ragazzi ospitati escano dalle case-famiglie, nella supposizione che essi siano, ormai, in condizione di badare a se stessi. Qualche volta è così, ma difficilmente è così. Pertanto, la casa famiglia Chiara e Francesco ha pensato di costruire un “seguito” all’intervento “precedente”, organizzando appartamenti (sempre frutto di beneficenza) nei quali fare vivere alcuni di questi ragazzi, continuando il sostegno economico e l’assistenza in loro favore.
Il personale operante nella struttura ci ha accompagnato a visitare due appartamenti-famiglia (uno dei quali è stato restaurato anche con il contributo del R.C. Roma EUR) dove vivono giovani maggiorenni, vittime di violenze, maltrattamenti e abusi sessuali: all’interno di queste strutture, anche e soprattutto con l’aiuto di psicologi e di assistenti sociali, sono “attuati numerosi progetti ed azioni di promozione dell’inclusione sociale e di prevenzione del disagio sociale, utilizzando tecniche di animazione socio-educative e metodi di apprendimento informali”. L’ambiente, grazie alle attenzioni degli operatori della casa-famiglia, assomiglia ad una casa vera e propria che trasmette agli ospiti “calore familiare”. Viene assicurata l’assistenza socio-sanitaria. Con attenzioni, affetto e fratellanza, gli operatori assicurano vicinanza agli assistiti, per consentire loro di superare il dolore dei traumi subìti, crescendo in un contesto volto all’ “identificazione e alla prevenzione del disagio” (dal sito “Chiara e Francesco”).
Vedendo i luoghi della casa famiglia e degli appartamenti, puliti ed ordinati al punto da fare tenerezza, nei quali vivono ragazzi (che come ho già detto hanno subito abusi, e se ne vedono le conseguenze nei loro comportamenti), si è rafforzata in me la convinzione che questi giovani, anche dopo i 21 anni, hanno bisogno di un sostegno continuativo, non solo economico, ma psicologico, di qualcuno che assomigli molto ad un padre o una madre. Un punto di riferimento, che ti consigli e ti indirizzi, che ti insegni a camminare con le tue gambe.
A quella età, i quasi tutti i ragazzi, inseriti nelle famiglie “normali”, studiano ancora, vengono incoraggiati, consigliati e guidati dai genitori o da persone di famiglia. Quindi, anche questi, ne hanno bisogno!
L’incontro con alcuni dei giovani che vivono nella Casa-famiglia e o negli appartamenti, che è testimonianza del loro sforzo di reagire alle ingiustizie che hanno subìto nell’infanzia, spinge ad interrogarsi, spesso senza poter trovare risposta, sui temi inquietanti della violenza minorile e dell’abuso, così come sulle esperienze dolorose che essi, durante l’evento conclusivo della serata, hanno coraggiosamente a noi rivelato.
L’Associazione “Chiara e Francesco”, costituita Onlus nel gennaio 2013, promuove l’inclusione sociale ed il benessere di bambini e di giovani, lontano dalle famiglie di origine, responsabili di crudeltà e di impronunciabili violenze psicofisiche. Ogni giorno, fronteggia il silenzio omertoso della Comunità ed alza la voce contro la burocrazia delle amministrazioni e l’imperfezione delle leggi, che, colpevolmente, spesso, non tengono adeguatamente conto del dolore di tanti giovani, che hanno un passato da dimenticare e si affacciano alla vita, privi del sostegno, dell’affetto e dell’aiuto delle loro famiglie di origine.
L’organizzatore ed animatore della serata è stato Fabrizio Cicchini, responsabile dell’Associazione Chiara e Francesco. Un uomo vulcanico, pieno di energia e determinazione, assolutamente finalizzato al successo, più che della Struttura che li accoglie, dei suoi ospiti (meglio dei suoi bambini, come sovente li chiama!), per l’inserimento in una vita normale, dopo aver sepolto i fantasmi del passato. Per fare questo, nell’ambiente in cui viviamo, pieno di contraddizioni, deve agire insistendo, facendo pressioni e prendendo, talvolta, perfino qualche piccola scorciatoia: il fine giustifica i mezzi, non è vero? In romanesco: quando ce vo’, ce vo’!
Abbiamo ascoltato “dal vivo” diverse testimonianze dei ragazzi, ed ho provato vergogna debbo dire, al pensiero che la comunità umana di cui faccio parte possa contenere dentro se stessa tali tragedie. Ed ho pensato alla contraddizione che talvolta abbiamo, quando abbiamo cura di lasciare traccia dei nostri interventi con i nostri simboli identificativi, mentre non siamo capaci di fare qualcosa di significativo per cancellare con l’amore l’immagine di un bambino che ricorda “la propria madre che lo … IMPICCA” e sopravvive per un qualche miracolo: meno PAROLE e più FATTI, direi! E, come questa testimonianza, forse una delle meno gravi, ce ne sono state molte altre, squallide, sulle quali non voglio e non POSSO soffermarmi!!!!!!
Fra questi ragazzi si notano, evidenti, molte e differenti personalità, alcune apparentemente “normali”, addirittura fino all’eccellenza negli studi; altre desiderose di effettuare l’onesto lavoro di “meccanico”; altre, infine, visibilmente in difficoltà.
Questi ragazzi hanno bisogno di aiuto; e noi dobbiamo darglielo, questo aiuto, a preferenza di altri tipi di intervento che spesso pratichiamo, perché questo è visibile, tangibile e verificabile, essendo prossimo a noi.
Una ragazza, con la sua testimonianza, fra le tante cose che ha detto, con una, in particolare, ha “toccato” la mia sensibilità!!! Si è lamentata (giustamente) del fatto che a scuola gli insegnanti propongono temi quali … “parlate dei vostri genitori, di vostro padre, di vostra madre”, senza tenere conto che loro spesso il padre o la madre o entrambi non l’hanno.
L’ho capita meglio di altri presenti, credo, perché questo è successo anche a me, essendo rimasto orfano a 4 anni. Ricordo il disorientamento a scuola e la mia domanda … “ma come faccio a fare il tema? Io … non c’è l’ho il papà: (ma, questo, non l’ho detto …). Non mi andava di dirlo. Ed è una parola che non ho mai pronunciato in seguito: non mi esce dalla bocca. Ma, tranne il ricordo, la mia situazione è stata molto diversa, in meglio, dato che, per il resto della mia vita, la mia famiglia mi ha aiutato.
Una serata importante, coinvolgente, che ci ha aperto gli occhi, facendoci vedere realtà tragiche, a noi prossime, normalmente ignorate.
Alfredo D’Amato